venerdì 4 marzo 2011

Camice Rosse...


Ecco un "bellissimo" articolo di Sergio Rizzo su Corriere.it del 3 marzo u.s.
Buona lettura e piacevole vomito!


Camicie rosse e odio padano

Alla festa dell’associazione venetista Raixe venete dove è stata bruciata una sagoma raffigurante Giuseppe Garibaldi c’era anche l’assessore regionale leghista Roberto Ciambetti. Il quale ha liquidato la bravata con un’alzata di spalle: «Prendiamolo come un gesto scaramantico visto che, mi pare, era un falò per il capodanno veneto». Insomma, né più né meno come succede alla mezzanotte di ogni 31 dicembre a Levico Terme, in Trentino, quando si «brusa la vecia», ovvero si dà fuoco a un fantoccio di stracci raffigurante una strega per salutare l’anno nuovo.

Peccato soltanto che questa «scaramanzia » messa in scena a Schio, nel cuore del Veneto, offenda soprattutto i veneti. Se mai l’hanno letta, i venetisti di Raixe venete farebbero bene a rileggersi la storia. Ma pur non volendo affrontare un simile sforzo (comprendiamo che potrebbe essere sovrumano permenti non allenate), basterebbe dare uno sguardo alla relazione allegata alla legge regionale pubblicata sul Bollettino ufficiale del Veneto lo scorso 8 febbraio, con la quale è stato istituito il Comitato d’onore per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia. Comitato del quale, per inciso, farà parte anche il governatore Luca Zaia, esponente della Lega Nord: partito che non ha votato quella legge.

Ebbene, leggendo quella relazione scoprirebbero che i veneti imbarcati il 5 maggio del 1860 sui piroscafi Piemonte e Lombardo e salpati da Quarto alla volta di Marsala con quel «bandito » di Garibaldi, come l’ha chiamato sul Giornale di Vicenza Giorgio Roncolato, consigliere comunale leghista, erano 194. Altre fonti sostengono che fossero 160. Per Wikipedia erano 151.Macambia poco. Dopole camicie rosse lombarde (più di quattrocento), erano il gruppo più numeroso insieme ai volontari della Liguria, la Regione di Garibaldi e Mazzini. Fra loro c’era anche un ragazzino di nemmeno undici anni che si chiamava Giuseppe Marchetti. Era nato a Chioggia nell’agosto del 1849 ed era il più giovane in assoluto fra i garibaldini. Ma quel ragazzino, come le altre camicie rosse sbarcate in Sicilia dal Veneto, sapeva di essere pronto a morire, per usare le parole dell’assessore regionale all’Identità Daniele Stival riportate dal Corriere del Veneto, non già per l’unità del Paese ma per «la mafia, la camorra e le organizzazioni malavitose »? E i cinquemila veneti che raggiunsero via via Garibaldi nel corso della spedizione al Sud, forse lo ignoravano? E i 25 mila conterranei di Stival che rappresentavano i due terzi del Corpo volontari italiani impegnato nella terza guerra d’indipendenza? Per non parlare delle migliaia di veneti caduti durante la prima guerra mondiale, rimasti all’oscuro della tremenda realtà. Siamo d’accordo con Ciambetti: che qualche indipendentista un po’ esaltato organizzi una pagliacciata come quella che si è vista a Schio, non deve scandalizzare più di tanto. Chissà in quante altre parti del mondosuccedono cose anche peggiori. Quello che però altrove non capita è che un rappresentante delle istituzioni, qual è un assessore, vada a portare il suo saluto.

Nemmeno capita che un secondo assessore definisca l’anniversario delle istituzioni che bene o male egli stesso rappresenta, visto che fino a prova contraria la Regione Veneto fa ancora parte dello Stato italiano, «un’occasione buona per celebrare i 150 anni della nascita della mafia». Negli altri Paesi, cari assessori, ci si dimette per molto meno. Lo sapevate?

Sergio Rizzo
03 marzo 2011

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