domenica 26 agosto 2012

Evoluzione (!) della Lega


La Lega non ci annoia mai, dobbiamo dirlo.
Vi lasciamo con questo interessante articolo, che parla dell'evoluzione (sempre che sia possibile) dei nostri amici secessionisti, ma seduti ben bene nelle poltrone di Roma da un bel pezzo.

Corriere del Veneto, 22/08/2012

Lega 2.0, se anche il Dio Po segue Bossi tra i fuori ruolo
Erano 16 anni fa, mica duecento. Eppure sembra preistoria leghista, precipitata nel passato remoto dell’armamentario dei riti di partito dalla vertiginosa accelerazione degli ultimi mesi. Quel giorno del settembre 1996, quando il fiuto ferino di Umberto Bossi inventò la prima cerimonia pagana lunga tre giorni dal Monviso a Venezia, sbigottiti funzionari degli Interni dovettero ammettere che centotrentamila (130mila!) persone di nazionalità italiana erano accorse lungo l’asta del Po, rivestito per l’occasione di divina sacralità, al richiamo separatista del Capo. Stavano su quella riva, simbolico confine tra una Padania sempre più insofferente e la romanità, e guardavano dall’altra parte con aria di sfida, chiedendo nientemeno che l’indipendenza.
Raccontano le cronache dell’epoca, pure loro sbigottite, che persino l’avvocato Gianni Agnelli, uomo di un altro Nord ma divorato da insaziabile curiosità per il nuovo, si alzò in volo da Torino con il suo elicottero personale per sorvolare quell’inaudito serpentone di militanti, che nel frattempo, lì sotto, si erano persuasi di essere a un passo da un traguardo epocale. La Secessione. Poi corretta in Devolution. Quindi rivisitata in Autonomia. Infine riformata in Federalismo (per tutti, non soltanto per il Nord), sulla cui sorte ultima si hanno ben poche certezze. Adesso che tutti sappiamo com’è andata, non può sorprendere che nella Lega 2.0, quella che ha acclamato Bobo Maroni segretario e gentilmente accomodato Bossi nel consesso dei padri nobili fuori ruolo, anche il vigoroso Dio Po sia destinato al pensionamento.
Con tutto il suo equipaggiamento di ampolle, acque sacre - dal 2008 i leghisti nostrani, con orgogliosa rivendicazione identitaria, ci avevano aggiunto quelle del Piave, prelevate per l’occasione dalla sorgente alle pendici del Peralba -, giuramenti e riti celtici vari. Non ci sarà il raduno finale di Venezia, in riva degli Schiavoni, dove un tempo si giurava sulla Padania e, più di recente, quell’inarrestabile tribuno di Giancarlo Gentilini pronunciava la memorabile orazione contro clandestini, nomadi, zingari e avventori dei phone center («che vadano a pisciare nelle loro moschee»), coronata con la medaglia al valor leghista di una condanna a 4mila euro di multa per istigazione all’odio razziale ed etnico. I popoli padani lasciano l’antica capitale Serenissima anche perché, obiettivamente, quest’anno ci sarebbe poco da festeggiare. Su Venezia sventola la bandiera di Lucia Massarotto, la «pasionaria» del Tricolore che per anni ha sfidato il dileggio e i fischi dei leghisti, a cominciare proprio da Bossi, pur di manifestare il suo civile dissenso esponendo il vessillo italiano: l’hanno pure sfrattata dalla casa in riva Sette Martiri, ma lei è ancora là.
Alessandro Zuin
22 agosto 2012