mercoledì 23 marzo 2011

La Lega a nudo


Dal Corriere del Veneto.

L'ambiguità del Carroccio

 

Era prevedibile. Non poteva andare avanti all’infinito. Per quanto abbia dimostrato di essere davvero maestra insuperabile nell’arte della doppiezza, si doveva sapere che, presto o tardi, i nodi sarebbero venuti al pettine. Per un lungo periodo, la Lega Nord è riuscita a tenere in piedi un ammirevole equilibrio, incassando tutti i benefici di chi riesca ad accrescere i propri consensi, senza mai essere chiamato a chiarire fino in fondo le proprie posizioni. Ha potuto così sviluppare e generalizzare la propria identità ambigua - quella di essere al tempo stesso forza di lotta e di governo - senza incontrare ostacoli e pagare il doveroso pedaggio.
Ha potuto contrabbandare la propria totale indisponibilità a confrontarsi realisticamente con i problemi di una società multietnica, con la tutela degli interessi della popolazione autoctona. Ha nascosto la mai accantonata propensione alla secessione dietro la fumosa parola d’ordine del federalismo. Ha celato il proprio tenace antieuropeismo dietro la facciata della «nazione» padana. Ha finto di sostenere lealmente Berlusconi, senza mai rinunciare a considerarlo il «mafioso di Arcore». Ha ostentato rispetto per le istituzioni e per le regole democratiche, ma senza mai rinunciare a celebrare i riti padani del dio Po e a tenere viva nel suo popolo la prospettiva di un imminente sganciamento da Roma ladrona. Ha giurato fedeltà sulla bandiera tricolore, senza mai rinunciare al vessillo di San Marco. Un capolavoro di virtuosismo politico, se non fosse stato consumato letteralmente a spese degli Italiani - di quelli nati al di qua del Po, non meno che di quelli nati al di là del fiume. Nell’arco dimeno di una settimana, è crollato il palco.
E’ bastata quella che sembrava un’innocua ricorrenza, la celebrazione dell’unità di Italia, per far emergere in piena luce la mai superata riluttanza a riconoscersi in un unico paese, dalle Alpi a Pantelleria. E’ bastata la risoluzione dell’Onu a proposito della Libia per evidenziare l’insofferenza leghista per tutto ciò che richiama l’idea di un’Europa unita, capace di agire come soggetto politico, e dunque anche (inevitabilmente) militare. Dovrebbe essere chiaro a tutti che queste «rivelazioni» aprono uno scenario politico totalmente nuovo, nel quale si impongono scelte inedite per tutti gli attori. A cominciare dal «socio» di Bossi. Potrà Berlusconi proseguire imperterrito nella sua attività di capo del governo, appoggiandosi su un partner che si dissocia da lui non su temi marginali, ma sulla politica estera e sulla concezione dell’unità nazionale? Con quale coerenza e con quale affidabilità nelle ormai prossime elezioni amministrative potranno chiedere il consenso del popolo del centrodestra esponenti politici tra loro in aperto dissenso, come leghisti e pidiellini? Per fare il caso del Veneto, quanto a lungo potrà durare la convivenza nel governo regionale fra due componenti divise su tutto? Insomma, è ormai indifferibile un chiarimento politico di fondo. E forse anche l’apertura di una fase politica tendenzialmente immune dai veleni e dagli imbrogli che hanno caratterizzato la recente vita politica del paese.

Umberto Curi
22 marzo 2011

 

domenica 20 marzo 2011

La Mega Bandiera!


Per moltissimi cittadini italiani il Tricolore e l'Unità della Nazione hanno ancora un SENSO.

Vicenza. Un video su Vicenza e l'Unità d'Italia del consigliere comunale Raffaele Colombara (GUARDA), la festa ieri in piazzale della Vittoria e oggi il mega-tricolore issato sulla Basilica Palladiana. Così Vicenza ha celebrato il 150° dell'Italia unita. Ieri erano le 9.33 quando il Tricolore è stato issato sul pennone di piazzale della Vittoria. Attorno, oltre alle autorità e alle forze dell'ordine, centinaia e centinaia di cittadini. Tutti lì, nel luogo simbolo di Vicenza, dove più di un secolo e mezzo fa si è scritta la storia, grazie al valore e al coraggio di migliaia di vicentini uniti per respingere l'esercito straniero. Una storia di resistenza; tappa fondamentale per la successiva costituzione dell'unità d'Italia, che è avvenuta 150 anni fa.

Oggi invece è toccato al maxi-tricolore, realizzato utilizzando 1060 strisce di tessuto bianche, rosse e verdi decorate dagli studenti con pensieri e disegni, grande 30 metri per 20, per una superficie totale di 600 metri quadrati, Š stato issato oggi sulla Basilica Palladiana di Vicenza mentre tutta la piazza cantava l’inno di Mameli sulle note della fanfara degli alpini. «Questa celebrazione è tutta di voi giovani - ha sottolineato il sindaco Achille Variati, rivolgendosi agli studenti -. Vorrei che ciascuno di voi guardasse chi gli sta accanto: vedrete che nessuno è uguale a voi, ma ogni differenza è sicuramente positiva». 

Oltre al sindaco, sul palco c’erano il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato, il presidente del Consiglio provinciale Valter Gasparotto che hanno sostenuto l’iniziativa insieme al consigliere delegato alle celebrazioni per il 150/o anniversario dell’Unità d’Italia Marco Appoggi. Insieme al sindaco è salito sul palco anche il console generale del Giappone a Milano Shigemi Jomori, in città per presentare il festival «Haru no Kaze-Il Giappone a Vicenza» che si inaugura proprio oggi. I ragazzi gli hanno dedicato un lungo applauso al quale il console ha risposto ringraziando per la solidarietà.

TRANSENNE E ASSENTI. Tornando a ieri il prefetto Melchiorre Fallica, proprio al momento del suo arrivo, ha compiuto un gesto significativo togliendo le transenne che dividono i cittadini dal palco e richiamando a sé la folla giunta per assistere all'alzabandiera. Sul palco anche il sindaco Achille Variati, con il gonfalone della città, e il vicepresidente della Provincia, Dino Secco, al posto di Attilio Schneck assente come gli altri leghisti vicentini. E poi, oltre ai sindaci dei Comuni e alle altre autorità, i rappresentanti delle forze militari e della polizia di Stato, della croce rossa, dei vigili del fuoco, della Protezione civile e delle associazioni combattentistiche e d'arma. Senza dimenticare la Fanfara dei bersaglieri ha accompagnato la celebrazione suonando l'inno in occasione dell'alzabandiera. 

BANDIERA. O meglio, intona l'inno di Mameli prima dell'alzabandiera. Sì, perché come vuole la più classica delle leggi, quella di Murphy, nonostante le prove effettuate prima della manifestazione, il meccanismo automatico che doveva issare il Tricolore lungo il pennone di monte Berico si è inceppato sul più bello. Passano alcuni minuti prima che i tecnici riescano a sistemare il problema e che la grande bandiera possa sventolare sullo sfondo di un cielo, per l'occasione, azzurro. «Meglio così - incalza il prefetto - L'inconveniente ha permesso di applaudire di più la bandiera».

DISCORSO. Il Tricolore sventola coccolato dal vento, mentre il prefetto Melchiorre Fallica saluta il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia. «È bello e significativo festeggiare oggi - afferma - in questo colle che ha visto l'eroismo dei vicentini e dei tanti volontari che da tutte la parti d'Italia e anche dall'estero combatterono nel maggio e nel giugno del 1848 per impedire l'avanzata dell'esercito austriaco. 
Grazie a quell'eroismo, portato ad esempio in tutto il territorio italiano, 18 anni dopo, una volta avvenuta l'annessione al Regno d'Italia, il Re Vittorio Emanuele II venne a decorare la bandiera della città con la medaglia d'oro al valore militare».

ORGOGLIO. Fallica pensa al passato, ma guarda al futuro. E si rivolge in modo particolare alle giovani generazioni. «Il messaggio che vorrei inviare a tutti, soprattutto ai giovani -continua - è quello di recuperare i motivi di fierezza e di orgoglio nazionale: abbiamo bisogno di una consapevolezza storica comune per affrontare con indispensabile fiducia le sfide che ci attendono e che mettono alla prova il nostro paese. È indispensabile un nuovo impegno condiviso che tenga conto di quello che l'Italia ha rappresentato e rappresenta nel mondo. È dai giovani che dobbiamo ripartire, perché quando sono stimolati sanno dare il meglio, come abbiamo visto sempre a Vicenza dopo l'alluvione dello scorso novembre. Viva Vicenza, viva l'Italia». 

AMBIENTE. A dire la verità di giovani, fatta eccezione per gli studenti della scuola media "Carta", non se ne sono visti tanti in piazzale della Vittoria. Si è respirata comunque un'atmosfera di festa con tante famiglie giunte per ascoltare il prefetto Fallica. Tutti con il Tricolore in mano, oppure al collo oppure ancora in testa. Ma c'è qualcuno che cerca anche la polemica silenziosa, mostrando un cartello con scritto "Pontelandolfo", in memoria dell'eccidio dell'agosto del 1861 perpetrato dai bersaglieri di Pier Eleonoro Negri. Ma gli altri intanto continuano a rimanere con il naso all'insù intenti ad ammirare il Tricolore e ad ascoltare la Fanfara dei bersaglieri. Il corpo combattente con le piume sul cappello, infatti, suona, corre e si esibisce davanti alla moltitudine di presenti. Si è trattato di un passo fatto indietro nel tempo. O, per meglio dire, centocinquanta passi che sono stati compiuti indietro nel tempo.

L'Unità delle tante diversità


Ecco un bell'articolo a firma Nicola Negrin sul Bugiardino di Vicenza.

«Questa è la vostra bandiera. Simboleggia una comunità composta da tante diversità e per questo unita». È il pensiero del sindaco Variati a racchiudere il significato della grande manifestazione con migliaia di cittadini protagonisti. Un messaggio, quello del primo cittadino, rivolto ai tantissimi giovani presenti. Uno diverso dall'altro, parte di una grande comunità chiamata Vicenza e Italia.
LA BANDIERA DELLA DIVERSITÀ. «Questa celebrazione - sottolinea dal palco di Signori - è di voi giovani». Il simbolo dell'Italia odierna, oltre che la speranza e la base per costruire il Paese del futuro. «Vorrei che ciascuno di voi guardasse chi gli sta vicino - ha proseguito il sindaco - vedrà, infatti, che nessuno è uguale a se stesso, ma ogni differenza è sicuramente positiva. Qui, in piazza dei Signori, insieme a voi ci sono anche coloro che hanno costruito il nostro Paese e che hanno fatto sì che si realizzasse un'Italia così moderna e libera». 
Prima di dare il via all'alzabandiera, Variati ha quindi rivolto un invito ai tremila presenti. «Vi esorto a tenervi tutti per mano - ha affermato - mentre sulle note dell'inno nazionale viene issato il grande Tricolore frutto del vostro lavoro». Un invito, questo, che è stato accolto dalla maggior parte dei giovani vicentini. 
IL FUTURO. «Accoglienza, rispetto e responsabilità. Questi sono i valori che avete dimostrato voi, cittadini del domani, con i vostri pezzi di stoffa». Con queste parole Franco Venturella, dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale, ha salutato gli studenti degli istituti della provincia di Vicenza. A loro si è poi rivolto il consigliere delegato alle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, Marco Appoggi, che in un lungo messaggio ha sottolineato l'importanza di un gesto così grande come il maxi Tricolore. «Le 1.600 classi che hanno composto la bandiera - ha spiegato - hanno dimostrato la ricchezza del proprio pensiero. Avete dato prova di orgoglio con questa bandiera che è un elemento di innovazione. Rappresenta la vostra generazione, che vive di diversità ma che allo stesso tempo si trova ad essere unita. Quando passeranno gli anni vi ricorderete di questo evento a cui avete contribuito in maniera sostanziale». Appoggi è stato accompagnato dal presidente del Consiglio regionale provinciale Valter Gasparotto: «Siete la nostra speranza - ha affermato rivolgendosi agli studenti - e vi consegniamo un'Italia che forse sarebbe potuta essere migliore. A voi il compito di cambiarla e di renderla più bella».
SIMBOLO PER IL VENETO. Sul palco è salito inoltre il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato. «Questa iniziativa - ha detto - è un esempio per la nostra regione e per l'Italia. La vostra bandiera rappresenta l'essenza dell'unità. Questo momento resterà impresso nella vostra memoria, soprattutto quando festeggerete il duecentesimo anniversario del'unità d'Italia». 
OSPITE E AUTORITÀ. Tanti gli ospiti presenti all'iniziativa. Tra tutti uno in particolare: il console generale del Giappone a Milano Shigemi Jomori a cui è stato rivolto un applauso ricco di commozione da parte dei tremila studenti vicentini. Jomori, per la prima volta a Vicenza, s'è inchinato alla piazza ringraziando i giovani per l'appoggio dimostrato. Alla manifestazione hanno inoltre partecipato il prefetto Melchiorre Fallica, i rappresentanti delle forze armate e delle associazioni combattentistiche, il vicesindaco Alessandra Moretti e il presidente del Consiglio comunale di Vicenza, Luigi Poletto.

mercoledì 16 marzo 2011

Itaglia 150...


Da La Stampa

Itaglia 150

Andrea Carandini, archeologo di fama mondiale, ha lasciato la presidenza del Consiglio superiore dei Beni culturali: i troppi tagli al bilancio gli impediscono di continuare a svolgere seriamente il suo mestiere. Non sappiamo a chi Carandini abbia materialmente rassegnato le dimissioni, dato che il ministro Bondi non esce di casa da mesi. Però ci piacerebbe almeno sapere che cos’ha fatto di male la cultura a questo Paese per meritarsi un disinteresse così suicida. Nonostante molti lo ignorino o addirittura lo disprezzino, il patrimonio artistico e culturale è l’unico petrolio su cui siamo seduti, nonché la principale e forse unica ragione per cui il mondo si ricorda ancora ogni tanto della nostra esistenza.

Una classe dirigente di buon senso taglierebbe ovunque, tranne lì. Se poi fosse anche una classe dirigente illuminata, proverebbe a immaginare un’Italia diversa. Un’Italia del bel vivere, punteggiata di musei accoglienti, siti archeologici spettacolari e teatri lirici con un cartellone di Verdi e Puccini pensato apposta per i turisti. Un’Italia degli agriturismi e dei centri benessere. Dei mari e delle coste ripulite da tutte le sozzure. Dei pannelli solari installati sui tetti di tutte le abitazioni private. Dei prestiti facili alle cooperative giovanili che propongano iniziative originali nell’arte, nello spettacolo, nella moda e nel turismo di qualità. Un’Italia verde e profumata, il polo attrattivo di tutto ciò che è bello. Saremmo più felici e più ricchi. Ma soprattutto saremmo quel che ci ostiniamo a non voler essere: italiani.

Massimo Gramellini

domenica 13 marzo 2011

Fuori il Tricolore!


Un semplice, quanto bello, pensiero dal nostro Primo Consigliere.


Alcuni esemplari sono già apparsi un po’ timidamente su balconi e terrazze, quasi furtivamente. Però... altri sono ancora sepolti negli armadi e nei cassetti, in attesa di un (per ora, improbabile) exploit della Nazionale di calcio.
Sto parlando, l’avrete capito benissimo, della nostra bandiera nazionale, il Tricolore. E noi, che cosa stiamo aspettando? In questi giorni (il 17 marzo per la precisione, ma la festa durerà un intero anno) si festeggiano i 150 anni dell’Unità d’Italia e quale modo migliore di celebrare abbiamo, se non quello di riconoscerci tutti in un simbolo, il Tricolore appunto, capace di farci sentire tutti, almeno per qualche istante, dalle Alpi al Mediterraneo, veramente uniti? E’ vero, il nostro è il paese dei cento campanili, ma almeno per quest’anno, chissenefrega. All’estero, in molte nazioni la bandiera nazionale è sempre in bella vista, 365 giorni all’anno, tutti gli anni. E noi, cosa aspettiamo a ri-appropriarci di un simbolo che ci appartiene da (quasi) sempre (i primi esemplari risalgono addirittura alle guerre napoleoniche)?
E allora dai, forza, non c’è un minuto da perdere, esponiamolo anche noi in bella vista (io l’ho già fatto da qualche giorno), e magari osserviamolo agitarsi scomposto nella frizzante brezza primaverile, nelle sue tre tonalità verde-bianco-rosso. Non potrà farci che bene. Soprattutto oggi.
 
Michele Massignani

venerdì 4 marzo 2011

Camice Rosse...


Ecco un "bellissimo" articolo di Sergio Rizzo su Corriere.it del 3 marzo u.s.
Buona lettura e piacevole vomito!


Camicie rosse e odio padano

Alla festa dell’associazione venetista Raixe venete dove è stata bruciata una sagoma raffigurante Giuseppe Garibaldi c’era anche l’assessore regionale leghista Roberto Ciambetti. Il quale ha liquidato la bravata con un’alzata di spalle: «Prendiamolo come un gesto scaramantico visto che, mi pare, era un falò per il capodanno veneto». Insomma, né più né meno come succede alla mezzanotte di ogni 31 dicembre a Levico Terme, in Trentino, quando si «brusa la vecia», ovvero si dà fuoco a un fantoccio di stracci raffigurante una strega per salutare l’anno nuovo.

Peccato soltanto che questa «scaramanzia » messa in scena a Schio, nel cuore del Veneto, offenda soprattutto i veneti. Se mai l’hanno letta, i venetisti di Raixe venete farebbero bene a rileggersi la storia. Ma pur non volendo affrontare un simile sforzo (comprendiamo che potrebbe essere sovrumano permenti non allenate), basterebbe dare uno sguardo alla relazione allegata alla legge regionale pubblicata sul Bollettino ufficiale del Veneto lo scorso 8 febbraio, con la quale è stato istituito il Comitato d’onore per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia. Comitato del quale, per inciso, farà parte anche il governatore Luca Zaia, esponente della Lega Nord: partito che non ha votato quella legge.

Ebbene, leggendo quella relazione scoprirebbero che i veneti imbarcati il 5 maggio del 1860 sui piroscafi Piemonte e Lombardo e salpati da Quarto alla volta di Marsala con quel «bandito » di Garibaldi, come l’ha chiamato sul Giornale di Vicenza Giorgio Roncolato, consigliere comunale leghista, erano 194. Altre fonti sostengono che fossero 160. Per Wikipedia erano 151.Macambia poco. Dopole camicie rosse lombarde (più di quattrocento), erano il gruppo più numeroso insieme ai volontari della Liguria, la Regione di Garibaldi e Mazzini. Fra loro c’era anche un ragazzino di nemmeno undici anni che si chiamava Giuseppe Marchetti. Era nato a Chioggia nell’agosto del 1849 ed era il più giovane in assoluto fra i garibaldini. Ma quel ragazzino, come le altre camicie rosse sbarcate in Sicilia dal Veneto, sapeva di essere pronto a morire, per usare le parole dell’assessore regionale all’Identità Daniele Stival riportate dal Corriere del Veneto, non già per l’unità del Paese ma per «la mafia, la camorra e le organizzazioni malavitose »? E i cinquemila veneti che raggiunsero via via Garibaldi nel corso della spedizione al Sud, forse lo ignoravano? E i 25 mila conterranei di Stival che rappresentavano i due terzi del Corpo volontari italiani impegnato nella terza guerra d’indipendenza? Per non parlare delle migliaia di veneti caduti durante la prima guerra mondiale, rimasti all’oscuro della tremenda realtà. Siamo d’accordo con Ciambetti: che qualche indipendentista un po’ esaltato organizzi una pagliacciata come quella che si è vista a Schio, non deve scandalizzare più di tanto. Chissà in quante altre parti del mondosuccedono cose anche peggiori. Quello che però altrove non capita è che un rappresentante delle istituzioni, qual è un assessore, vada a portare il suo saluto.

Nemmeno capita che un secondo assessore definisca l’anniversario delle istituzioni che bene o male egli stesso rappresenta, visto che fino a prova contraria la Regione Veneto fa ancora parte dello Stato italiano, «un’occasione buona per celebrare i 150 anni della nascita della mafia». Negli altri Paesi, cari assessori, ci si dimette per molto meno. Lo sapevate?

Sergio Rizzo
03 marzo 2011