sabato 22 ottobre 2011

Congratulazioni Orfeo!



Con estremo piacere, riportiamo il discorso della premiazione del nostro Orfeo, ringraziando per la gentile concessione il Dott. Visonà, rappresentante del Laboratorio Brendola.

Congratulazioni Orfeo! :-)

Buonasera e Benvenuti a questa serata del premio laboratorio Brendola.
Ringrazio tutti i presenti e gli amici della bottega teatrale di Bruno Scorsone che ci ha intrattenuto con il suo magnifico spettacolo. L’associazione laboratorio Brendola non ha titoli speciali per emettere giudizi, ma da sempre ha sostenuto che valorizzare le persone di una comunità è un compito fondamentale ed in assenza di iniziative di tipo istituzionale si è impegnata a svolgere questo ruolo in modo modesto, ma significativo.

E’ un rito che si ripete da 15 anni sempre in questa sede e in questo periodo. Continuiamo a sostenere che valga la pena  premiare quanti si impegnano per il nostro paese. Crediamo che tante persone hanno enormi potenzialità ed energie da spendere a vantaggio di tutti e dell’intera comunità. Siamo impegnati a difendere l’idea che riconoscendo le qualità degli altri possiamo migliorare, continuare a crescere come persone e come cittadini. Siamo rimasti ancorati all’idea che è meglio benedire degli altri, valorizzare le buone qualità delle  persone e mettere in evidenza gli aspetti migliori di un paese piuttosto che maledire delle  incapacità e dei limiti esistenti.

 E’ questo un anno difficile per tanti motivi, in particolare per la crisi economica che stiamo vivendo e che ci tocca tutti. Un periodo che mette in evidenza oltre le difficoltà economiche anche le profonde criticità culturali ed etiche. La globalizzazione, i mercati, la finanza viaggiano sopra le nostre teste e noi abbiamo rinunciato ad incidere per il nostro piccolo sugli avvenimenti della storia. Una rinuncia a tanti principi e valori  che dovrebbero guidare la nostra vita quotidiana, ma che sembrano non far parte di tanta classe politica e dirigente di questa nazione. Abbiamo ridotto il mondo ad economia dimenticando tutto il resto: l’amore, l’altruismo, la generosità, la solidarietà, l’onestà,il senso di responsabilità, la coerenza, l’affidabilità, l’umiltà, il valore della parola data, il rispetto del diverso, il senso intergenerazionale, la caducità della vita e l’inevitabilità della morte. Un anno difficile che sembra premiare l’individualismo di quanti si sono dedicati esclusivamente ai propri interessi, all’idea che ci si possa salvare da soli in barba agli altri, all’idea che il denaro possa risolvere ogni problema, all’idea che qualche povero in più non rovina il paese.

Un anno difficile per la miopia di quanti avrebbero dovuto capire in anticipo certi fenomeni e hanno guardato altrove cercando di conservare privilegi e vantaggi senza progettare e pensare in grande e per tutti. Un anno difficile perché tanti di noi pensano che il mondo possa cambiare per opera dei condottieri dimenticando che il mondo cambia solo se ognuno di noi cambia, si converte, si modifica. Siamo solo dei granellini di sabbia presi da soli, ma insieme possiamo fare un deserto, siamo solo delle minuscole stelle, ma insieme possiamo formare una galassia.

In questa situazione critica stasera abbiamo la fortuna di avere con noi Orfeo Rigon, persona unica e squisita, che proprio niente ha da spartire con quanto si è detto di certe criticità. E’ un piacere unico poter annoverare tra i nostri cittadini una persona come Orfeo, esempio di  integrità morale, culturale, di grande disponibilità e generosità, di enorme pazienza e costanza nel perseguire il benessere personale e collettivo. La sua storia di vita lo certifica ed è visibile a tutti. Si è confrontato con le difficoltà della vita fin da piccolo lottando per conquistare una autonomia motoria ritenuta quasi impossibile, superando con tenacia e determinazione le sue limitazioni accettando con serenità la dura battaglia quotidiana.

E’ facile fare dichiarazioni, ma non è altrettanto facile trasformare dei limiti in opportunità di sviluppo di sensibilità, altruismo, conoscenza, cultura ed impegno per la comunità. Ricordo che oltre aver accudito e sostenuto il mondo del volontariato si è speso anche politicamente facendo il sindaco. Sicuramente uno dei migliori che Brendola può annoverare nella sua storia, riconoscimento certificato dai suoi sostenitori, ma anche da quanti non militavano nel suo gruppo, dai dipendenti comunali e da quanti hanno avuto problemi da risolvere durante il suo mandato.
Persona equilibrata, modesta, tollerante, disponibile non poteva non dedicarsi anche al mondo dell’handicap. Da anni ed anni è presente in Cooperativa sociale ’81, in cooperativa Piano Infinito ed attualmente è anche presidente della Fondazione Paolino Massignan dopo di Noi.

Ha lavorato in tutti questi anni a tessere relazioni, intese, collaborazioni, smussando difficoltà, incomprensioni, rimuovendo ostacoli ritenuti insuperabili, coinvolgendo con pazienza e tenacia tutto il mondo dell’handicap. Formalmente è in pensione in pratica lavora a tempo pieno in Fondazione e nelle cooperative.  E’ difficile spiegare la sua bontà d’animo, la profondità di pensiero, la saggezza che sparge attorno perché considera tutto questo come aspetti normali della vita. Forse riesco a spiegarmi meglio dicendo che vicino a Lui ti senti bene compreso, rispettato, accettato, riconosciuto e stimato.

Per provare queste sensazioni è necessario stare vicino a una persona speciale come Lui che di tutte queste qualità è impregnata profondamente. Questa serata vogliamo dedicarla a Lui come  un riconoscimento del notevole apporto che ha dato a migliorare questo paese  attraverso la sua vasta rete di contatti lavorativi, politici, sociali e relazionali in tutta la provincia. Si, lui ha portato in giro per il mondo un’immagine di Brendola come luogo di eccellenza, come comunità in grado di spendersi per il bene di tutti, come paese in grado di formare uomini veri.

Certamente la sua presenza ha migliorato il livello di cultura, di umanità e di solidarietà di questo paese e di questo lo ringraziamo sinceramente consegnandogli il premio.

mercoledì 19 ottobre 2011

Basta!


Un interessante articolo di ieri, 18 ottobre, da qui.

I Comuni che dicono basta così

Piani regolatori a crescita zero

Stop a permessi per costruzioni su terreno vergine o varianti per rendere edificabile un terreno agricolo




MILANO - Un nuovo quartiere di villette che porta in dote al Comune una strada e due rotonde. Oppure un centro commerciale che frutterà una pista ciclabile, una piscina, magari un asilo. Come si comportano i Comuni, quando non hanno abbastanza soldi e hanno bisogno di opere pubbliche? Quasi sempre cercano di ottenerli con gli oneri di urbanizzazione. In Lombardia, invece, c'è chi ha fatto una scelta controcorrente. Sono i Comuni di Cassinetta di Lugagnano, Solza, Pregnana Milanese, Ozzero e Ronco Briantino. Questi cinque centri, tutti sotto i 10 mila abitanti, hanno adottato un piano regolatore «a crescita zero». Ovvero, un piano che non concede più costruzioni su terreno vergine, né permette di fare varianti per rendere un terreno agricolo edificabile. Si può costruire solo sull'esistente o sulle aree dismesse e si fanno eccezioni solo per le aziende situate nella zona industriale e che abbiano necessità di espandersi, perché questo giova al mercato del lavoro. STOP ALLE COSTRUZIONI – Pioniere in questo campo è stato il Comune di Cassinetta di Lugagnano, piccolo centro di 1.800 abitanti sul Naviglio Grande, nel Parco del Ticino. Qui il piano di governo del territorio (Pgt) «a crescita zero» è in vigore dal 2007. «Volevamo svincolare il futuro del nostro territorio dalle esigenze di bilancio. In Italia la pianificazione urbanistica è pressoché assente, e dove non vi sono regole a garanzia dell’interesse collettivo, prevalgono gli interessi di pochi, di chi domina il mercato», spiega il sindaco e blogger Domenico Finiguerra, che in questi anni si è dedicato anche alla fondazione di un movimento nazionale contro il consumo di territorio. «È un meccanismo deleterio, che permette di finanziare i servizi ai cittadini con l’edilizia. Si tratta però di entrate una tantum e siccome il territorio non è infinito, prima o poi termineranno».

RISPARMIO, GARE E MATRIMONI – Ma come si fa a tenere in piedi un bilancio rinunciando a una fonte di introito così importante? Con rinunce a ciò che non è indispensabile (niente staff per il sindaco, niente auto comunali, niente eventi se non sono sponsorizzati) e poi dedicando molto tempo alla stesura di progetti per la partecipazione a bandi di finanziamento pubblici e privati. «Solo per la nuova scuola dell’infanzia abbiamo acceso un mutuo da un milione di euro, coperto con l'aumento di un punto dell’Ici sulle seconde case, sui capannoni e sulle attività produttive. Una sorta di tassa di scopo», spiega Finiguerra. La fonte di introito più originale a Cassinetta è però quella dei matrimoni: in Comune ci si può sposare anche a mezzanotte, e sindaco e consiglieri vanno a celebrare le nozze ovunque gli sposi vogliano: il paese è pieno di ville settecentesche sul Naviglio che possono essere affittate per il ricevimento. Ovviamente, le tariffe sono elevate, ma questo ha portato nelle casse comunali quasi 20 mila euro l'anno scorso.

LE CRITICHE E IL PARERE DEI COSTRUTTORI – «Un piano simile può tenere in piedi un paesello, ma non può funzionare in una città». È un piano «bello nell'idea, ma irrealizzabile». «È solo una moda che passerà». Queste le critiche più frequenti che i Comuni si sono trovati ad affrontare. Anche la Provincia di Torino, tuttavia, ha recentemente adottato un piano territoriale di coordinamento provinciale (l'equivalente del Pgt, ma a livello di provincia) che cerca di limitare il consumo di suolo e norme simili sono la normalità in Germania. «Se lo fa Monaco di Baviera non vedo perché non può riuscirci una città italiana», ribatte Finiguerra. «È un tentativo di frenare la conurbazione, che invece nei dintorni di Milano sta diventando un fenomeno inarrestabile». D'altronde, sulla necessità di frenare la conurbazione è intervenuto più volte anche il presidente dell'Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Paolo Buzzetti. «Vi è bisogno di una visione strategica a medio-lungo termine dello sviluppo del territorio urbano», ha spiegato Buzzetti agli stati generali delle costruzioni. «Occorrono nuovi meccanismi urbanistici che rendano possibili, anche da un punto di vista economico, le operazioni di riqualificazione urbana, gli interventi di demolizione e ricostruzione e di sostituzione. E considerata la scarsezza di risorse pubbliche devono, per forza, rinvenirsi processi virtuosi con il coinvolgimento dei privati». In pratica, è necessario «il passaggio da una cultura di espansione a una cultura di riqualificazione». Sempre secondo l'Ance, il 2010 ha segnato per il terzo anno consecutivo una riduzione nel settore delle costruzioni, che dal 2008 a oggi ha perso il 17 per cento del mercato.

IL MOVIMENTO «STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO» - In Italia spariscono ogni anno 500 chilometri quadrati di suolo. Inoltre, si stima che esistano almeno 2 milioni e mezzo di case vuote. Sulla base di questi dati è nato il movimento nazionale Stop al consumo del territorio, la cui assemblea costituente si terrà sabato 29 ottobre a Cassinetta di Lugagnano. Al movimento aderiscono molte associazioni, tra cui anche Slow Food. L'obiettivo è lanciare la campagna «Salviamo il paesaggio» con anche una proposta di legge popolare per cambiare le cose.

Giovanna Maria Fagnani
18 ottobre 2011

mercoledì 12 ottobre 2011

Decenza


Da qui.

Il limite della decenza

Oramai un rancore sordo e inestinguibile sta rendendo impossibile la convivenza di Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti in uno stesso governo. Mentre le agenzie di rating declassano l'Italia, il ministro dell'Economia rilascia dichiarazioni in cui, neanche tanto velatamente e malgrado tardive e poco persuasive smentite, si indica come esempio virtuoso la scelta di Zapatero in Spagna di farsi da parte e di anticipare le elezioni. Altri ministri rispondono con invettive e addirittura, come Giancarlo Galan, oltrepassando la soglia dell'insulto. Non sono più i colpi e le tensioni che oramai da mesi intossicano il rapporto tra Berlusconi e Tremonti: siamo alla guerra totale. Ma un Paese in cui il governo è così spaccato appare un Paese senza timone. Allo sbando. Non ce lo possiamo permettere.
Il gorgo rissoso in cui sta sprofondando la lite tra il premier e il suo ministro non è solo un'offesa allo stile o una macchia che mina la credibilità dell'Italia. È il simbolo di una paralisi: la stessa che sta impedendo, nello smarrimento di quel minimo di senso delle istituzioni che un governo ha il dovere di onorare, la nomina del nuovo Governatore della Banca d'Italia.
Un governo che si comporta in questo modo autolesionistico scatena inevitabilmente la guerra di tutti contro tutti. Dove ciascuno gioca per sé, scambiando il proprio «particolare» per l'interesse generale che dovrebbe invece essere promosso e custodito da un governo democraticamente eletto. Ma un governo così lacerato appare sempre meno in grado di trasmettere agli italiani il senso di una riscossa e di un soprassalto di orgoglio. E quando la politica appare vuota e impotente, troppe corporazioni si affollano vocianti per rubarle il mestiere. Con il rischio che poi non sappiano più fare nemmeno il loro.

Senza una guida politica, oggi le «parti» aspirano abusivamente all'«intero»: non più parti sociali, ma surrogati di partiti politici. Con la pretesa di sostituirsi ai governi. E con il rischio che le singole parti sconfinino in un terreno in cui gli interessi particolari, frammentati e parcellizzati, siano scambiati per l'interesse generale. Una pretesa sbagliata. Una scena in cui tutti i ruoli si confondono. La Confindustria gioca la carta del protagonismo politico. Gli ordini professionali contrari alle liberalizzazioni si organizzano come lobby in Parlamento. La Confcommercio denuncia come leso «interesse generale» l'aumento dell'Iva. La Cgil sublima come «diritti fondamentali» gli interessi della sua base di pensionati e la Cisl quelli dei «suoi» statali. E così via. Tutti con la segreta speranza di accumulare visibilità e forza nell'attesa che il ciclo berlusconiano si esaurisca.
La lite tra il premier e il suo ministro dell'Economia non può perciò non avere una fine, e in tempi brevissimi. Se il ministro ritiene giusta la scelta di Zapatero, per il bene della Spagna, di togliersi dalla scena, tragga lui le conclusioni sull'eventualità che l'esempio spagnolo sia emulato dal governo italiano, o almeno dal suo ministro dell'Economia. E se il premier ritiene davvero, come sostengono i suoi pasdaran, che addirittura Tremonti abbia tramato con le agenzie di rating per infliggere un colpo durissimo al governo di cui pure è magna pars , non può pretendere che questo sospetto infamante, se confermato, possa restare senza conseguenze. In un Paese serio, non nel teatrino tragico che lo sta rappresentando.

06 ottobre 2011 07:56

mercoledì 5 ottobre 2011

Il Paese guarda attonito


Dal Corriere del 29.09.2011

Il partito che per quindici anni si è chiamato Forza Italia e ora si chiama Pdl nasce non solo come contenitore dei voti cattolici e socialisti. Si è proposto, sin dalla vera fondazione - il discorso della «discesa in campo» di Berlusconi -, come una forza di opposizione alla prospettiva di un Paese trasformato «in una piazza urlante, che grida, che inveisce, che condanna». Il centrodestra nasce cioè come difesa della politica dall'ingerenza della magistratura. Un obiettivo condivisibile, se non fosse stato sin dall'inizio viziato anch'esso dal conflitto tra il bene pubblico e gli interessi privati del leader, e di uomini che hanno guardato al suo partito come a un ombrello dai guai giudiziari. Garantismo e impunità sono separati da un confine ben preciso. Le vicende parlamentari di queste settimane l'hanno ampiamente oltrepassato. E il Popolo della libertà non appare più come un argine contro il dilagare delle Procure (cui in effetti accade di uscire dall'alveo), ma come il manto della Madonna della misericordia degli affreschi medievali, sotto cui corrono a ripararsi anche sedicenti perseguitati e autentici malandrini.

Le sentenze spettano solo alla magistratura. Non ai giornali. Ma neppure al Parlamento. Il Parlamento è chiamato a escludere che un eletto di cui si chiede l'arresto sia vittima di una persecuzione; o a dare una valutazione politica sull'opportunità che un ministro di un dicastero importante resti al suo posto, nonostante sia indagato per mafia. Il paragone con gli anni tra il '92 e il '94 non regge. I casi di Papa, di Milanese, di Romano non sono storie di ingranaggi della macchina del finanziamento illecito ai partiti: una macchina perversa, che però implicava una responsabilità collettiva, di sistema. Qui siamo di fronte a parlamentari accusati di ricevere regali costosi, auto di lusso, yacht in cambio di informazioni su inchieste giudiziarie o posti nei consigli d'amministrazione di aziende pubbliche; e a un ministro su cui incombono accuse che potrebbero rivelarsi anche più gravi di quelle che hanno condotto in carcere il suo ex compagno di partito Totò Cuffaro. Il garantismo impone di considerarli innocenti sino alla sentenza definitiva; l'opportunità politica e il principio di uguaglianza di fronte alla legge consigliano invece un passo indietro, sollecitato in passato dallo stesso presidente della Repubblica, nel caso infelice di Brancher, ministro per poche ore. Qui invece siamo al paradosso per cui Tremonti finisce imputato nel suo stesso partito non per avere mal riposto la fiducia nell'ex braccio destro, ma per non aver contribuito a «salvarlo».

L'opposizione ha la credibilità morale per condurre questa battaglia in nome dell'intero Paese? La risposta è no. Il caso Penati è gravissimo, e finora non sono venute risposte convincenti né dall'interessato né dai vertici del Partito democratico. E, quando fu chiesto l'arresto del senatore Pd Tedesco, nel voto segreto prevalsero le ragioni dell'impunità. È l'opinione pubblica, è l'intera classe politica che deve porsi la questione. Costruire un sistema giudiziario equo ed efficiente, che non punisca con la carcerazione preventiva - tutti i cittadini, non solo i parlamentari - ma accerti le responsabilità, è un'urgenza cui nessuno può sottrarsi. A maggior ragione i moderati e i liberali cui tocca ora chiudere al più presto questa stagione, e ricostruire su basi più solide quell'area della legalità e del merito che mai come oggi manca al Paese.

Aldo Cazzullo
29 settembre 2011 07:52