venerdì 4 febbraio 2011

Vizi padani


Un bellissimo articolo a firma di Sergio Rizzo sul Corriere del 20.01.2011.


I vizi romani dei padani
Il Veneto e la Lega anti-Italia
Strano leghista, Flavio Tosi. Tifa per la nazionale italiana anziché per quella padana. Si augura che la Ferrari vinca il prossimo campionato di Formula uno invece di chiedere le dimissioni di Montezemolo, come ha fatto Roberto Calderoli dopo che Fernando Alonso aveva perso il titolo all’ultimo Gran premio. Non bastasse il sindaco di Verona, dice pure che l’inno di Mameli «è una cosa seria». E lo fa confessando di nutrire «un forte senso di identità nazionale », per giunta dopo aver invitato nella sua città il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Gesto che equivale a una bestemmia in chiesa, per i duri e puri del Carroccio come il segretario veneto Gian Paolo Gobbo. Che subito lo hanno bollato come una specie di traditore della causa leghista, quasi fosse stato sedotto da quella Roma ladrona e scialacquona che ingrassa alle spalle del Nord produttivo e sgobbone.
Sappiamo bene come dietro questa apparente disputa sul valore dell’unità nazionale ci sia in ballo una partita politica interna al Carroccio: il timone della segreteria nazionale della Liga Veneta-Lega Nord. Proprio come accade ogni partito, dove gli scontri ideologici fanno spesso da schermo a banali questioni di potere. Perché potrà non piacere, ma la Lega è un partito come tutti gli altri. È la formazione politica più vecchia fra tutte quelle presenti nel parlamento italiano, dove nel corso degli anni ha avuto modo di assimilare in pieno i comportamenti tanto vituperati in auge fin dalla cosiddetta Prima repubblica. Se possibile, in qualche caso peggiorandoli. Coloro che dalla Padania inveiscono contro Roma ladrona, sbandierando una presunta diversità rispetto alla politica politicante, hanno finito per comportarsi come gli altri politici politicanti. Potete trovare i big leghisti a tavola nei costosi ristoranti della Capitale, scorgerli comodamente alloggiati nelle lussuose berline con i vetri oscurati che sgommano arroganti per le vie del centro, votare compatti contro i tagli ai privilegi di lor signori: com’è accaduto quando hanno affossato la proposta di allineare le pensioni dei parlamentari a quelle dei comuni mortali, seppellita da 498 voti contrari su 525.
I loro rampolli pluribocciati alla maturità occupano confortevoli seggi nei consigli regionali, con retribuzioni pari a quelle di 15 giovani precari senza santi in paradiso. E per i fedelissimi non manca una poltrona in un’azienda pubblica. Selezionata con un’accuratezza degna del manuale Cencelli. Naturalmente parliamo delle (poche) camicie verdi rimaste senza il doppio o triplo incarico istituzionale al Comune, alla Provincia e contemporaneamente in Parlamento. Come fra gli altri ha l’onorevole bergamasco doc Pierguido Vanalli, sindaco di Pontida, città simbolo della Lega: il caso, soltanto il caso, ha voluto che non sia un tifoso sfegatato dell’Atalanta, come logica imporrebbe, ma della Roma. E ne vada orgoglioso. Evviva la sincerità.

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