lunedì 28 febbraio 2011

Unità d'Italia /1


Ecco alcune osservazioni in merito alla tanto discussa Unità.

Le osservazioni sono tutte condivisibili: la faccenda è maledettamente complessa non fosse altro per il fatto che la nostra unificazione avvenne almeno 4 secoli in ritardo rispetto a quella degli altri stati occidentali europei (inghilterra, francia e spagna, germania esclusa), che ebbero così tutto il tempo per elaborare realmente una forte coscienza nazionale, cosa che qui da noi non c'è ancora, e che permise loro di accumulare un vantaggio culturale (e di conseguenza politico, economico ed identitario, che ancora, ahime, vantano su noi italiani)

L'interrogazione in c.c. da parte del nostro gruppo consigliare serviva appunto a sottolineare la necessità di riflettere, far prendere coscienza, per quanto il contesto socio-culturale lo possa permettere naturalmente, del senso del nostro stare insieme come nazione. Di tutto questo all'Amministrazione attuale importa molto poco, soprattutto nella sua componente leghista. Essa punta soltanto ad instupidire la gente con slogan di nessun contenuto storico e sociologico, fatti solo di demagogia e parole al vento, con l'unico scopo di perpetuare il malcontento e un endemico sentimento di lontananza dalla cosa pubblica e dal senso di appartenenza davvero unitario, che non sia quello del proprio campanile o addirittura dela propria contrada. Quando parla uno vestito di verde, mi vergogno di essere nato a nord del sud.

In effetti, oltre alle singole riflessioni messe giù da Michele, ne sottolineerei almeno due-tre ulteriori:

1) la criminalità organizzata, in quanto organizzata, è davvero una conseguenza su scala allargata dell'unificazione, ma le sue origini sono certamente ascrivibili ad un periodo molto precedente l'unificazione nazionale avvenuta nell'Ottocento. Esse infatti affondano le loro radici nel ritardo socio-politico-economico imposto dal baronaggio spagnolo già all'inizio dell'età moderna (XV sec.) e perpetuatosi poi nei secoli successivi. Si trattò di un sistema perverso di clientelismo in ambito politico, di scarsa innovazione e spirito d'intrapresa in ambito economico (con il corollario di investimenti praticamente nulli anche nel settore economico allora più diffuso, l'agricoltura con il perpetuarsi di vincoli e rapporti feudali di vera e propria servitù personale fino a tutto il XX secolo), e conseguentemente la mancata nascita di una classe sociale , la borghesia, capace davvero di imporre un'inversione di tendenza. Il sud rimase un enclave, separata da se stessa e dal resto del mondo. Insomma la questione meridionale esiste da almeno 6 secoli senza che nessuno l'abbia veramente voluta affrontare, non per incapacità o mancanza di buone idee, ma semplicemente perché lo status quo ha fatto comodo a molti.

2) Anche sull'emigrazione vorrei dire due parole: è vero che dopo l'unificazione si assistette a un vero e proprio boom di emigranti, ma è altrettanto vero che fino agli anni 70-80 dell'800 la popolazione italiana non era affatto cresciuta con lo stesso ritmo che ebbe dai primi decenni post-unitari: quindi più nati, più bocche da sfamare, più emigranti. La gente partì principalmente perché il nostro paese non seppe creare affatto quelle opportunità lavorative necessarie a collocare la manodopera in sovrappiù. Il nostro paese rimase essenzialmente un paese agricolo fino al secondo dopoguerra, quando peraltro soltanto alcune aree del paese intrapresero veramente la via all'industrializzazione (il nordest e le regioni dell’Italia centrale, dopo quelle del triangolo industriale tra '800 e '900, il sud al solito rimase al palo, in balia di se stesso e delle sue contraddizioni). Negli anni post-unitari mentre i principali paesi europei e nordamericani ponevano le basi per una seconda e più profonda progressione economica, noi restammo al palo.

3) In sintesi, che cosa ci manca? Probabilmente ci manca ciò da cui discende tutto il resto: ci manca la coscienza di ciò che siamo (eccolo il senso dell'interrogazione) e soprattutto ci è mancata e ci manca ancora una classe dirigente davvero capace di pensare e di pensarsi come nazione che affronta le sfide che l'esserci in quanto popolo e nazione richiede. Essere ed esserci nei confronti di se stessi e del resto del mondo. Al momento dell'unificazione questa classe dirigente non c'era? C'era eccome, ma secondo molti, sia nella sua componente settentrionale sia in quella meridionale, si occupò troppo di raggiungere l'unità politica e troppo poco di mettere in cantiere una seria politica di unificazione sociale, economica e identitaria.

Michele Massignani

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Dato che si parla di Unità d'Italia, vorrei dire qualcosina, cantando fuori  dal coro.

Trovo stucchevole l'intera storia delle celebrazioni. Mi piacerebbe che si cominciasse a parlare dell'Unità d'Italia dicendo le cose con maggiore aderenza ai fatti storici. Mi permetto appena qualche cenno ora; rimando chi voglia approfondire al testo

ANGELA PELLICCIARI, L’altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata, Piemme Edizioni

o il testo di Ettore Beggiato, che spiega come andarono le cose a casa nostra
"La Grande Truffa"  (Editoria Universitaria Venezia),

oppure al tanto materiale reperibile in Internet (da prendere con le pinze, ma utile) sul tema delle balle galattiche che ci sono state raccontate sul Risorgimento.

Sull'Unità d'Italia trovo deprimente che si stia ancora a rincorrere le scemenze incredibili che ci hanno propinato alle elementari. Mille eroici volontari, la maggior parte dei quali non aveva mai visto uno schioppo in vita sua, si imbarcano su due vapori, e conquistano in breve tempo lo Stato all'epoca più ricco, nonché più avanzato militarmente e industrialmente della penisola; dopo di che, ne fanno grazioso dono ai sabaudi. Fatta l'Italia, evviva!

Alcuni piccoli dettagli "dimenticati" (tra i moltissimi):

- lo stato piemontese era sull'orlo del fallimento; appena possibile depredò le casse dei granducato di Toscana, del Regno delle Due Sicilie, nonché di staterelli vari; i quali, guarda caso, erano tutti in attivo.

- i plebisciti ebbero esiti talmente totalitari, che manco nelle repubbliche africane; solo in Corea del Nord e posti simili si trovano oggi percentuali del genere. Niente brogli, ovvio...

- dopo l'unità ci fu una guerra civile, detta brigantaggio, che per quanto ne so è costata come minimo un milione di uccisi, in realtà forse anche tre (stime raccolte da uno storico meridionale, un topo di biblioteca con cui chiacchierai anni fa). Guerra civile eliminata da qualunque libro di testo.
Se anche le cifre fossero più basse, si trattò comunque di una strage enorme.

- lo sbarco dei Mille fu assistito da cannoniere inglesi; la Gran Bretagna infatti ebbe un ruolo decisivo in tutta la faccenda, ovviamente eliminato anch'esso dai libri di storia. Per capire chi e perché fece l'unità del paese, molto più istruttivo sarebbe fare una ricognizione sui poteri massonici e bancari europei dell'800 (che sono poi gli stessi di oggi: ma la sinistra italiana è parte in causa, a parte Vendola e pochi altri romantici; ergo... silenzio anche da PD e affini. Date un'occhiata alla storia personale dei vari Prodi, D'Alema, Fassino, Bersani, ecc. Su Fassino posso narrare, non qui però, un succoso episodio personale).

- l'unità portò alla miseria tutte le regioni, Veneto in primis; la stessa famiglia mia, che era possidente di molte terre, si trovò ben presto alla povertà.

- tempo qualche anno, la miseria fu tale che almeno 23 milioni di italiani scapparono, nel giro di un secolo, all'estero; come mai prima quasi nessuno emigrava?

- con l'unità partirono alcuni grandi processi storici, da cui hanno salda origine molti mali attuali. Si pensi alle criminalità organizzate, che  ebbero buon gioco a introdursi nei poteri finanziari del paese attraverso le isitituzioni bancarie unificate (si veda la faccenda dello scandalo del Banco di Roma: oggi la crisi è mossa da meccanismi molto simili, tipo stampa di carta straccia, ché tali sono Euro e Dollaro, emessi da istituti interamente privati, e cresta sulle commissioni di signoraggio).

Potrei continuare per chissà quanto.
Mi auguro che queste poche righe bastino a scatenare la curiosità per approfondire l'argomento, con sguardo finalmente privo della banale e avvilente retorica che vuole l'Italia Unita un qualcosa per forza buono e giusto. La realtà, come sempre, è ben più articolata di come la scrivono sui sussidiari di scuola i vincitori di turno.

Michele Storti

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