martedì 5 aprile 2011

...fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare.


Ecco un articolo che merita tantissimo.
Il problema vero che non viene mai affrontato.
Buona lettura!

Da qui

I lavori che gli italiani "non vogliono più fare", o la paga che non vogliono (ancora) prendere?

Questa storia la sento fin dalle prime ondate di immigrazione in Italia, intorno alla fine degli anni '80 (ricordate i filippini? e i polacchi?). "Fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare"  era un'osservazione che forse aveva un qualche senso, in un Paese pieno di laureati che riuscivano a trovare lavoro, ben pagato, o che erano ancora in grado di avviare con qualche sacrificio un'attività professionale o imprenditoriale. Chi aveva più voglia di programmarsi un futuro come muratore, bracciante, domestica, sguattero di cucina? Molto meglio, anche nei casi di scolarità più bassa, andare in fabbrica.

Oggi questa affermazione suona molto più sciocca ed è completamente priva di significato. La verità è che gli stranieri sono quelli che prendono le paghe che gli italiani non vogliono rassegnarsi a prendere. Raccogliere pomodori a 15 euro al giorno? Per farsi bastare una paga simile occorrono precisi requisiti: vivere in venti persone in una cantina senza servizi igienici, mangiare quel che si trova, avere come unico mezzo di trasporto il furgone del caporale.
Agli italiani mancano appunto questi requisiti fondamentali. L'italiano avrebbe l'esosa pretesa di almeno una camera ammobiliata, due pasti caldi, un'auto usata, la domenica libera, e per potergli concedere questi lussi da basso impero bisogna pagarlo almeno 40 euro al giorno. La trattativa è nulla ancora prima di cominciare, sarem mica matti a strapagare la gente.

La percezione di molti è quindi corretta: "Gli stranieri ci portano via il lavoro", sento dire da padri di famiglia di periferia che fino a ieri facevano i muratori e ora stanno a spasso, mentre il rumeno ha preso il loro posto. Questi signori farebbero i muratori più che volentieri, sapete, anche se sono italiani: ma non a 20 euro al giorno in nero. Il rumeno prende la paga che gli italiani non possono prendere. O meglio: tanti italiani la prendono già, negli scantinati dei terzisti napoletani, nei negozi del centro di Roma, nei call center al nord. Ma almeno riescono a stare al caldo d'inverno e magari seduti.

Forse è per questo che i migranti li hanno portati tutti in Puglia, in tendopoli da dove si può agevolmente scappare: fuori dalla tendopoli ci sono già file di furgoni di caporali a fauci spalancate, pronti ad inghiottire chi non ha una meta all'estero. E' così che va avanti questa disastrata economia: braccia semigratuite consegnate deliberatamente dalla politica alla malavita che le sfrutta.

Ora, personalmente vedrei solo due vie di uscita per finirla con questo stato di cose: o gli italiani, non trovando più neppure il call center, finiscono nei campi di pomodori a 15 euro al giorno, oppure si costringe chiunque dia un lavoro a chiunque, a pagare con busta paga sindacale. Quest'ultima ipotesi mostrerebbe come magicamente tanti italiani sarebbero disposti eccome a fare i braccianti o gli sguatteri o i muratori, a mille euro al mese. Ma il problema dei salari è l'elefante nella stanza: quando si tratta di extracomunitari, si parla di tutto meno che di questo, anche se proprio questo è il punto saliente.

La prima soluzione, invece, è quella a cui inesorabilmente sembra spingerci questo andazzo. Tutti schiavi uguale, il paradiso del datore di lavoro.

Lega di lotta



Ecco un articolo che il nostro Michele ci consiglia.

Buona lettura!
(Da Corriere.it)

Lega di lotta, non di governo

La crisi della leadership berlusconiana a stento riesce a mascherare un'altra crisi che sta esplodendo in questi giorni: la crisi della Lega. È la crisi che è raffigurata come meglio non si potrebbe dalla foto di quella rete del campo profughi di Manduria, semiabbattuta e superata d'un balzo da centinaia di tunisini poi dispersisi nei dintorni. Con l'incisività perentoria delle immagini essa mostra l'impotenza di un ministro leghista dell'Interno, Maroni, che, molto bravo ad arrestare mafiosi e camorristi, non sa invece che pesci pigliare proprio sul tema forse più caro alla propaganda e all'ideologia del suo partito: quello dell'immigrazione. Bossi ha un bel dire agli immigrati «fuori dalle palle». Il suo ministro non è capace neppure di trattenerli dietro una rete: non dico neppure, naturalmente, di respingerli in mare lasciandoli al loro destino, così come invece, ascoltando le grida di Bossi, qualche ingenuo e feroce leghista forse si è immaginato che potesse accadere. Ma evidentemente un conto sono i comizi a Pontida, un altro conto fare seguire alle parole i fatti.

La verità è che quanto accade in questi giorni sta mostrando l'impossibilità/incapacità della Lega ad essere un vero partito di governo. Con l'ideologia leghista si può essere ottimi sindaci di Varese e perfino di Verona, ma non si riesce a governare l'Italia. Non si riesce, cioè, a pensare davvero i problemi del Paese in quanto tale (non solo nella sua interezza, ma anche nella complessità dei suoi rapporti internazionali), e tanto meno immaginarne delle soluzioni. Con l'ideologia leghista al massimo si può stare al governo, che però è cosa del tutto diversa dal governare. Si può al massimo, cioè, essere alleati gregari di una forza maggiore e occupare dei posti: ma al solo scopo, in sostanza, di chiedere mance e favori per i propri territori. Il limite della Lega è per l'appunto questo: a chiacchiere essere contro «Roma ladrona», ma poi essere condannata a comportarsi nei fatti come un tipico partito di sottogoverno.

Questa posizione sostanzialmente subalterna della Lega è l'inevitabile conseguenza di quel vero e proprio bluff ideologico che è l'evocazione della Padania (con implicito sottinteso separatista). Non si può governare nulla che riguardi l'Italia, infatti, tanto meno un problema come l'immigrazione, volendo essere solo «padani». Quello della Padania, in realtà, è un bluff che solo la stupida timidezza delle forze politiche «italiane» non ha fin qui avuto il coraggio di «vedere», e che Bossi adopera all'unico scopo di marcare il proprio impegno territoriale e il proprio feudo elettorale. Ma che per il resto è di un'inconsistenza assoluta presso lo stesso elettorato leghista.

Lo dimostrano con il loro comportamento gli stessi amministratori locali della Lega, i quali, molto saggiamente, quando è il momento della verità non se la sentono quasi mai di onorare davvero il bluff «padano». Come si è visto ad esempio - uno solo tra i tanti - quando nei giorni scorsi il governatore Cota, dovendo scegliere tra il partecipare solennemente alle celebrazioni dell'Unità d'Italia e del ruolo in essa avuto dal suo Piemonte, e in alternativa avallare invece le idiozie anti italiane delle «camicie verdi» restandosene a casa, non ha esitato a scegliere. Ben consapevole che, qualora se ne fosse restato a casa, molto probabilmente si sarebbe giocata la rielezione.

Ernesto Galli Della Loggia
04 aprile 2011

venerdì 1 aprile 2011

Riflessione


Una riflessione del nostro coraggioso Consigliere, Fabrizio Bedin.
Buona lettura.




Prima di scrivere questo testo mi sono imposto una riflessione. Non volevo infatti andasse ad accompagnare i già molti che hanno più un taglio reclamistico per questo o quel gruppo (e da cui nemmeno il sottoscritto si è probabilmente sottratto), bensì un’analisi su quelle che sono le cose concrete.
Non voglio nemmeno fare facili ed inutili polemiche, non interessano a nessuno. Troppo semplice sarebbe controbattere al grande parlare che si fa sul tema ambientale (ne prendo uno come esempio, non me ne voglia nessuno, potevo parlare di viabilità, di sviluppo territoriale, etc.), segnalando che il nostro comune è stato cancellato con ignominia, dalla Comunità europea, dalla lista delle amministrazioni virtuose per non avere dato seguito agli impegni presi sulle politiche che guardavano alle riduzioni dei gas serra, oppure sul tardivo intervento avvenuto sui fossati del Palù (malgrado segnalazioni e rassicurazioni varie), o piuttosto far notare come gli interventi di pulizia degli stessi, hanno portato a fare franare le rive (spero non pagheremo noi gli interventi …).
No, voglio cercare di fare un passo in avanti. Credo che Brendola e chi la abita meriti molto di più. Vi è una comunità che non ha più bisogno delle polemiche legate all’unità d’Italia, a quelle del 25 Aprile (S. Marco, patrono di Venezia, cari i miei serenissimi), a quelle legate ad un PAT mai passato realmente attraverso un confronto serio e regolamentato tra chi rappresenta i cittadini.
La comunità ha bisogno di avere delle risposte che guardino con lungimiranza al futuro. Potremmo tirarci i capelli sulla nuova palestra fino al suo completo realizzo. I lavori ritardano perché il luogo è inadeguato? Serve a poco dire “lo avevamo detto”, quello di cui nessuno parla è cosa ce ne faremo delle altre palestre. Alle scuole di Vò manca una zona all’aperto dove far fare ricreazione ai bambini? Si potrebbe anche proporre di chiudere la zona antistante la scuola (fermi tutti, non ho scritto che è la soluzione migliore), ma che senso ha proporlo se poi, visto che arriva da un componente di un gruppo di opposizione sarà l’ultima cosa che i nostri amministratori faranno (o la prima a non essere fatta). E si potrebbe continuare: mercato contadino, proposte per i commercianti, viabilità, …
Tal riflessione vuole andare oltre le inutili parole che si sono spese e si spenderanno senza guardare ai fatti concreti e condivisi, per il bene della comunità.
Negli ultimi 20 anni si è messo in atto uno scontro istituzionale che come risultato ha portato all’arretramento del nostro paese, prima a livello nazionale e poi via via fino al nostro ambito locale (e che, siamo da meno noi?) fino a fare dimenticare la cosa che dovrebbe essere più importante per un amministratore, ovvero il bene del territorio.
Per chi frequenta la messa domenicale, nelle preghiere è spesso presente un richiamo alla lungimiranza di chi ci amministra: non credo sia edificante dovere auspicare la grazia di Dio per ritrovare armonia di intenti.
Ed è anche troppo facile dire “hanno vinto le elezioni, amministrino”. E’ troppo facile per chi lo dice, per chi fa l’opposizione e per chi amministra nascondersi dietro queste parole. Il confronto con chi la pensa in modo diverso è, a mio avviso, segno di intelligenza, faticosa intelligenza. Ora si che mi trovereste d’accordo nel dire chi amministra ha l’onere e l’onore di prendere le decisioni. Dopo il confronto.
Abbiamo visto nella nostra piccola realtà locale sfasciarsi gruppi di persone che assieme potevano dare una prospettiva di grande crescita al territorio, piuttosto che altri che per dogma politico non “potevano” aggregarsi. Perché? Non me lo chiedete, veramente spesso non riesco a comprendere i comportamenti di noi membri del genere umano. Credo che le persone siano in primo luogo sempre espressione di una comunità civica, mentre per il resto sono parte di contingenze che a volte fanno più da freno che altro. Quello a cui però non posso sottrarmi è la riflessione a cui ho appena dato voce (scrittura). Solo l’assieme delle persone può dare al territorio ed alla comunità le risposte che porteranno Brendola a poter guardare ad un futuro radioso …  per noi e per i nostri giovani. Se poi questo processo inverso coinvolgerà anche il livello nazionale, credo ne guadagnerà ancora di più tutta la nostra bene amata Italia.

Energia


Il telefilm Jericho, da cui è tratta questa immagine e che consiglio a tutti di vedere (ho la serie a casa, chiedete pure), ci fa vivere la grande dipendenza energetica che ci attanaglia.
Qui l'articolo che uscirà a firma Progetto Civico sul numero prossimo di Brendola.



Parliamo di energia. Un tema attuale, vista la cronaca.

Anche noi siamo chiamati, cittadini e amministratori, ad interrogarci e a prender posizione. In fretta magari: perché mentre noi discutiamo, gli altri agiscono.
Quali alternative al petrolio? Il nucleare? Si, se ignoriamo le radiazioni, del già esaurito combustibile (ora stiamo usando il plutonio delle bombe atomiche dismesse) e lo stoccaggio delle scorie (23 siti in Italia, nessuno in sicurezza). Ci sarebbero le rinnovabili, più pulite e illimitate, ma manca un progetto organico. A complicare le cose il governo dei cementificatori ha ridotto gli incentivi (la legge più federale che esiste: pago le tasse sull’energia e poi tornano tramite gli incentivi, fatta dal governo natomorto Prodi e che l'attuale cerca di togliere. Siamo alla schizofrenia!).

Anche a Brendola molto tempo è andato perduto e alle promesse non sono seguiti i fatti: troppo facile, infatti, accorgerci soltanto oggi che (ancora) nessun edificio pubblico è dotato di pannelli fotovoltaici/solari o che molti brendolani sono dovuti “emigrare” in comuni vicini per poter accedere, grazie ad uno dei più grandi Gruppi di Acquisto Solidale d’Italia, all’acquisto di un impianto fotovoltaico a prezzi molto vantaggiosi.
Lo sapevate?

Noi crediamo spetti a chi ci amministra favorire tali opportunità. Soltanto essendo i primi a dare l’esempio come ente pubblico, potremo pensare di coinvolgere anche i privati come attori di un cambiamento.

Diversamente, ci aspettano giorni - è proprio il caso di dirlo - davvero bui.