lunedì 10 dicembre 2012

L'argine del Quirinale...


Un altro interessante articolo.


L'argine del Quirinale ridimensiona le pretese di un Pdl antigovernativo
Ma Berlusconi non riesce a ottenere l'election day a febbraio

Lo strappo è riuscito a metà. Silvio Berlusconi forse ha raggiunto il vantaggio di essere già in campagna elettorale, rispetto a partiti che per senso di responsabilità continuano ad appoggiare il governo di Mario Monti. Ma l'idea di aggiungere allo strappo la spallata contro la legislatura, per ottenere una giornata unica di elezioni anticipate a febbraio, si è dimostrata irrealizzabile. L'argine rappresentato dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sembra in grado di reggere. Le consultazioni che ha fatto ieri al Quirinale riconsegnano un centrodestra disponibile a garantire un'«ordinata conclusione». Significa approvazione della legge di Stabilità e forse qualche altro provvedimento, con un occhio ai due vertici europei in programma a metà dicembre e a metà febbraio del 2013: anche se in occasione del secondo le Camere saranno già state sciolte.

L'ipotesi sempre più probabile è che si voti per le politiche il 10 e 11 marzo. Forse negli stessi giorni ci saranno le elezioni regionali in Lombardia e Molise. Ma nel Lazio travolto dagli scandali della giunta di Renata Polverini le urne saranno aperte il 3 e 4 febbraio, come il Pdl temeva e ha cercato di evitare. Ma nonostante l'atteggiamento formalmente rispettoso nei confronti del presidente del Consiglio, ieri il segretario del Pdl, portavoce delle istanze berlusconiane, Angelino Alfano, ha confermato che per il Cavaliere l'esperienza del governo dei tecnici è chiusa. Non ci sarà ancora crisi, ma il maggior partito della maggioranza ha già un piede fuori. E dai toni ostili alla politica economica e al rapporto di Monti con l'Europa lascia indovinare una campagna elettorale non troppo dissimile da quella leghista.

D'altronde, l'ex ministro dell'Economia di Berlusconi, Giulio Tremonti, si è già alleato col Carroccio e ha cominciato ad attaccare Palazzo Chigi e, indirettamente, la Bce. Il ricongiungimento del defunto «asse del Nord» su posizioni di questo tenore non può essere escluso. Obiettivo: tentare una spericolata operazione di autoassoluzione per la sottovalutazione della crisi economico-finanziaria che ha portato alle dimissioni del governo Berlusconi nel novembre del 2011; e tentare di convincere l'opinione pubblica che «si stava meglio quando si stava peggio», scaricando su Monti tutte le responsabilità di problemi ereditati e non provocati; anzi, parzialmente risolti.

Con un filo di ironia, ieri il presidente del Consiglio è entrato alla Scala di Milano commentando: «Il Re Sole si è un po' allontanato da me». E le parole sono state viste come un'allusione allo smarcamento di Berlusconi. Ma la sensazione è che, con la sua accelerazione, il Cavaliere-Re Sole si sia allontanato da diverse realtà; e forse che sia accaduto anche il contrario. Sembra che nel Partito popolare europeo la prospettiva di un Pdl avviato a una campagna elettorale anti-Monti, e dunque anti-Ue, sia guardata con preoccupazione; e con domande crescenti sull'omogeneità dei partiti che ne fanno parte. Fra Cei e Vaticano, rimbalzano voci di un'irritazione quasi unanime per lo strappo contro il governo dei tecnici: bastava scorrere le pagine del quotidiano Avvenire di ieri, o ascoltare Tv2000 , l'emittente dei vescovi.

Il dito, però, non è puntato solo su Berlusconi ma anche su Alfano, che fino a pochi giorni fa aveva escluso ai propri interlocutori ecclesiastici la ricandidatura del Cavaliere e garantito lo svolgimento delle primarie. Il timore palpabile è che l'operazione si dimostri un elemento di divisione e alla fine di sconfitta per i moderati, delusi da tempo dal centrodestra e a caccia di nuovi interlocutori. Probabilmente è vero che chiudere la stagione berlusconiana senza un passaggio elettorale era impensabile. Ma farlo in queste condizioni non prepara una transizione indolore e una maturazione del sistema politico. Piuttosto, ingessa alleanze che sopravvivono a se stesse in entrambi gli schieramenti; e una leadership del centrodestra che si ripropone stancamente all'elettorato, zavorrata non solo dai processi ma soprattutto dai magri risultati ai quali ha tentato di

Massimo Franco

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