Buona lettura.
Giochi pericolosi e calcoli miopi
La metafora del ballo nel salone delle feste del Titanic è logora, ma non so trovarne una più adatta a rappresentare il comportamento dei nostri partiti in questo momento. E sto parlando dei partiti «responsabili», di quelli che appoggiano il governo Monti. Degli altri, di quelli che lo contrastano in Parlamento o lo criticano dal di fuori, lucrando sul disagio e la disaffezione dei cittadini, non vale la pena di parlare e il giudizio più indulgente che si può dare di loro è che non hanno capito nulla della crisi drammatica in cui versiamo: se avessero capito, il giudizio dovrebbe essere molto più severo. Ma torniamo ai partiti «responsabili»: siamo sicuri che almeno loro abbiano un'idea realistica della gravità della situazione, della possibilità di una catastrofe imminente, di un collasso dell'euro e di una depressione economica mondiale? Da come si stanno comportando, non si direbbe.
Non mi riferisco agli episodi di cattiva politica appena denunciati dalle cronache, dal «salvataggio» del senatore De Gregorio alle discutibili nomine delle autorità indipendenti: episodi rivelatori, che rafforzano il disprezzo dei cittadini ma non incidono più di tanto sul giudizio che i mercati o le autorità sovranazionali possono dare del nostro Paese. Mi riferisco soprattutto all'insofferenza crescente che Pdl e Pd manifestano verso il sostegno al governo Monti. Per il Pdl l'ha denunciata con ammirevole chiarezza Schifani, per il Pd Bersani si è affrettato a smentire un'incauta (?) dichiarazione del responsabile per l'economia del suo partito: è chiaro però che il sostegno al governo, per entrambi i partiti, non sta scritto nelle Tavole della Legge ma costituisce un'opzione revocabile, soggetta a calcoli di opportunità politico-elettorale. Ma perché poi, un sostegno di legislatura, dovrebbe stare scritto nelle Tavole della Legge? Se il governo Monti, a giudizio di una parte significativa dei partiti che lo sostengono, non affronta in modo adeguato la situazione di emergenza in cui ci troviamo, perché trascinare questa situazione sino alla prossima primavera? Forse che gli spagnoli, pochi mesi fa, non hanno affrontato elezioni e cambio di governo senza conseguenze traumatiche?
Proprio il confronto con la Spagna ci può aiutare. Anzitutto la situazione internazionale era allora meno instabile e i risultati delle elezioni meno preoccupanti: in un sistema istituzionale così bene assestato com'è quello spagnolo, sicuramente avrebbe vinto un partito «ragionevole», che avrebbe seguito le indicazioni delle istituzioni europee e ascoltato con attenzione i messaggi dei mercati. Al di là dei pericoli che incombono sull'eurozona, in Italia neppure sappiamo con quale legge elettorale andremo a votare e quali partiti e coalizioni si presenteranno, con il rischio sempre più forte di un successo straordinario di partiti o movimenti «irragionevoli». Ci sarebbe però una certezza: che Mario Monti, sfiduciato, non sarebbe più presidente del Consiglio.
In un momento in cui tutte le decisioni cruciali si prendono in Europa o a livello internazionale, privarsi dell'unica risorsa che abbiamo non sarebbe solo un errore - rovescio intenzionalmente la famosa battuta di Talleyrand - sarebbe un crimine: chi possiamo mandare a trattare con la Merkel, o con Obama, o con Hollande tra i potenziali primi ministri che uscirebbero da elezioni anticipate? Ma stiamo scherzando?
Purtroppo non stiamo scherzando e vorrei essere chiaro in proposito. Vedo anch'io le difficoltà di questo governo, la sua fatica a prendere decisioni che incidano in profondità sui guasti del nostro Paese. È un governo nato debole e compromissorio - non credo che Monti, lasciato libero di decidere, si sarebbe preso tutti i ministri e sottosegretari che ha dovuto accettare - e ora, dopo una brillante partenza, è semiparalizzato dai conflitti della sua maggioranza e dall'inadeguatezza di alcuni suoi ministri. Potrebbe fare di più? Forse, e le scelte appena compiute sulla Rai dimostrano che uno spazio esiste: i commentatori indipendenti, anche se talora possono apparire ingenerosi e impolitici, è bene che continuino a ricordare lo scostamento che esiste tra quanto si fa e quanto si dovrebbe fare. Ma per colmare questo spazio, per piegare i partiti e gli interessi, Monti dovrebbe minacciarli con la bomba atomica delle sue dimissioni, se essi frappongono ostacoli al processo di riforma. Sarebbe una minaccia credibile? Ne dubito.
I partiti, l'abbiamo appena notato, la bomba atomica la stanno maneggiando con noncuranza loro stessi e anche i più cauti tra i loro leader scommettono sul fatto che Monti e Napolitano sono troppo responsabili per innescare quell'ordigno infernale allo scopo di spuntare riforme che i partiti non gradiscono. E dunque tirano la corda, con gli effetti che abbiamo sotto gli occhi.
11 giugno 2012 | 10:53
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